ITRI: REGINA VIARUM. MA CHI?

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Era nata duemila e trecento anni fa e nutriva un sogno ambizioso, quello di diventare la regina delle strade. Effettivamente , nello scrivere di lei, tutti la definirono “regina viarum”, titolo a quel tempo e fino a mezzo secolo fa ampiamente meritato. Ma oggi, a guardare la statale n.7 “Appia”, la suddetta “regina viarum”, viene da giudicarla tutt’altro che regina delle strade. Asfalto della careggiata tappezzato da tantissime e pericolosissime buche con conseguenze, per gli automobilisti, che sono all’ordine del giorno per incidenti o situazioni tanto drammatiche; segnaletica insufficiente; visibilità occultata o ridotta per via della vegetazione che ne costeggia i bordi; buste di rifiuti di ogni sorta abbandonate dai novelli Unni che la percorrono soprattutto nel fine settimana o nei periodi di maggiore flusso turistico.

Queste e altre di diverso genere le “perle” che hanno fatto meritare all’ex “regina” l’Oscar della pericolosità tante volte mortale. Tutti a chiedersi perché non si interviene, soprattutto nel tratto tra il km 120, ricadente nel comune di Fondi e quello 141, in territorio formiano. Effettivamente si pongono questa domanda in tanti, ritenendo ovvia l’idea che è quasi un reato la latitanza di chi dovrebbe intervenire per sanare situazioni da bollino rosso per quanto riguarda la transitabilità soprattutto nel citato tratto, vale a dire tra Fondi, Itri e Formia. Nessuna giustificazione, salvo la distratta o voluta negligenza nel porre rimedio a una gravissima criticità, può essere addotta da chi riveste incarichi tecnico-dirigenziali pur tanto gratificanti dal punto di vista degli onorari economici. Qualche esperto del problema ha timidamente ammesso che i lavori verrebbero a bloccare un traffico oltremodo sostenuto, dato l’alto numero di utenti che quotidianamente e ininterrottamente si servono della consolare fortemente voluta dal censore Appio Claudio Cieco e i cui lavori ebbero inizio nel 312 a.C.

Ecco allora che torna inevitabilmente a prendere forma concreta la grave responsabilità di chi, nei primi anni del nuovo secolo si era fermamente opposto, anche con metodi non proprio ispirati a comportamenti in sintonia con i dettami del confronto civile, alla realizzazione del cosiddetto “Corridoio Tirrenico”, un’arteria a pagamento che avrebbe consentito di raggiungere Roma dal confine sud del Lazio, oltre che dal nord ella regione, in tempi sicuramente molto meno lunghi di quanto ne impiegano coloro che usano le due “quasi carrettiere” che oggi  collegano l’Urbe con il territorio che la fiancheggia a meridione e a settentrione. Tra l’altro ne avrebbe tratto giovamento il sempre  intasato traffico che penalizza gli operatori del trasporto del Mercato Ortofrutticolo di Fondi e del porto di Gaeta, costretti a contendersi pochi chilometri con migliaia di auto che rendono estenuantemente sfibrante il tratto che, all’altezza di Formia, diventa un imbuto dato il flusso ininterrotto di mezzi che dalla confinante Campania risale verso i lidi d’Ulisse o nei centri della bassa provincia. Ecco allora che, se fosse stato operativo il famoso Corridoio la chiusura per interventi di manutenzione della consolare Appia non avrebbero creato problemi al fluire del traffico.

Purtroppo quello che molti hanno definito il “delirio ideologico” di chi scese per le strade a chiedere la bocciatura di quel progetto hanno fatto sì che, al pari di una rete ferroviaria, la Roma-Garigliano offrisse agli utenti un solo binario per il veicolare dei mezzi di trasporto e di spostamento. Scesero da Roma, per quei momenti dimostrativi che in molti definirono scene carnevalesche per avanspettacolo di quart’ordine, saltimbanchi dai costumi multiformemente variopinti, curati che abdicarono al loro ruolo pastorale di assistenza materiale e morale a derelitti e malati per trasformarsi in marionette per recite improntate a ruota libera, scansafatiche di professione il cui compito vitale è sempre quello di dire “NO” a ogni idea o realizzazione utile al bene comune, e altri personaggi in cerca, questa volta, di un vero autore che desse colore o sapidità al loro grigiore esistenziale quotidiano. Questa è la gente che, anche con il suo comportamento, ha reso e rende tuttora impossibile la rigenerante manutenzione della decaduta “regina viarum”, ormai ridotta a un’autentica servitù della gleba. Ma –ci si chiede alla fine- “quousque tandem abutere patientia nostra”?

Orazio Ruggieri

 

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