AMLETO CATALDI LO SCULTORE DI ROMA E LE OMISSIONI E DISTORSIONI DEL DIZIONARIO TRECCANI

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La Enciclopedia Treccani, oggi una società per azioni i cui soci sono tutti organi e istituzioni pubbliche o statali o banche e istituti finanziari, amministra la iniziativa editoriale facente capo allo  studioso  Giovanni Treccani che nel 1929 aveva iniziatola pubblicazione della Enciclopedia Italiana, collana di 35 volumi, terminata otto anni dopo, nella finalità di circoscrivere ed illustrare le varie componenti della realtà italiana: come da attesa, il successo fu generale e, in aggiunta, a gratificazione maggiore, l’Italia fu portata al livello della Francia, della Germania, della Gran Bretagna che già disponevano di tale strumento scientifico. In prosieguo degli anni la iniziativa venne continuamente ripresa e aggiornata tanto che oggi i volumi che compongono quella che ormai viene individuata Enciclopedia Treccani sono circa cento. La Casa Editrice col tempo ha ampliato notevolmente la propria gamma di prodotti editoriali e tra questi un posto di rilievo va attribuito al Dizionario Biografico degli Italiani iniziato ad essere pubblicato oltre mezzo secolo fa e oggi arrivato quasi alla fine dei cento volumi previsti. L’operasi propone, analogamente a quanto già realizzato parecchi anni prima dalle grandi nazioni europee, la descrizione delle biografie dei personaggi più significativi del Paese e tra questi anche Amleto Cataldi (1882-1930) ed è qui che vogliamo arrestarci. Certamente un’opera dagli obiettivi così vasti si presta inevitabilmente ad errori o sviste o cattive interpretazioni, vere o false: la redazione della scheda riferita ad Amleto Cataldi è così cosparsa di spropositi, di abbagli veri e propri, di inesattezze e soprattutto di imperdonabili omissioni e distorsioni che va ritenuta tra le meno idonee scientificamente ad essere divulgate e diffuse: ci si chiede come sia stato possibile recepire nel Dizionario una tale congerie di strafalcioni e di superficialità: la lettura in effetti delle interpretazioni e deduzioni cui si abbandona l’estensore della scheda, senza contare l’enormità delle  informazioni erronee, è perfino distorsiva e delittuosa della personalità dell’artista. Pertanto tale scheda Treccani, a parte le poche righe in Wikipedia troppo insignificanti, irrispettose e lacunose che pure appaiono all’inizio del web,  è il solo strumento in interneta disposizione del lettore che voglia conoscere l’artista: tutti vi attingono, rassicurati dal prestigio del nome ‘Treccani’ che equivale  a garanzia di qualità.

Siamo al vol.22 del 1979, p.283 e 284. Non tanto il fatto che fa vivere Rodin nel 1923 quando invece era morto nel 1917 o che cita una biennale veneziana del 1921 quando invece ebbe luogo nel 1922 o che fa morire Cataldi il 10 settembre 1930 quando invece l’artista ci lasciò il 31 agosto ma quanto suscita dubbi notevoli sul valore critico sono gli errori e le gravi inesattezze in merito alla conoscenza delle opere dell’artista da parte dell’estensore dell’articolo e della sua personalità. Sulla facciata imponente del neo restaurato Stadio Nazionale Fascista (oggi Flaminio) del 1929 a cura dell’Arch. Piacentini, vede e menziona un “fregio frontale” a decorazione, allorché, grossolana distorsione, si tratta di quattro coppie in bronzo alte circa 3,5 m di atleti giganteschi collocati su quattro pilastri sulla sommità del manufatto, a 14 metri di altezza, liberi nell’aria, visibili dall’esterno e dall’interno; cita il “suo disegno per la coppa dei campioni al circuito di Monza” mentre si trattò di sculture vere e proprie, una per la gara automobilistica del 1923 e l’altra del 1928; menziona una  “Tomba di famiglia per i Crespi a Crespi d’Adda” invece si tratta, nuovo grottesco strafalcione, di significativo monumento pubblico dedicato ai 64 operai della fabbrica Crespi caduti in guerra e che si leva maestoso nella piazza vicino alla chiesa del villaggio dallo stesso nome in provincia di Bergamo, talmente di qualità da essere divenuto anche esso emblema del mondo operaio quale secondo ‘Quarto Stato’ assieme al dipinto di Pellizza; parla di “una portatrice d’acqua al Campidoglio assieme al Carducci”, laddove si tratta invece della scultura in bronzo presente nel caffè della Galleria Nazionale Arte Moderna sin dal 1930 o della sua replica in Via Ulpiano 11; ripete acriticamente di una ‘Galatea’ a Villa Borghese mentre è esposta da sempre alla Galleria Comunale di Arte Moderna; menziona il busto di A. G. Barrili al Pincio mentre è sul Gianicolo dal 1941 e parimenti la magnifica tomba funeraria Kandò (e non ‘Candò’) non è a Budapest ma in Slovacchia; parla di una tomba Raggio a Genova ma in realtà non esiste, menziona Lussemburgo facendo ritenere che trattasi di una città mentre si tratta del nome di un museo parigino, cita una ‘Medusa’ al Museo del  Petit Palais di Parigidove al contrario si trova il piccolo ‘Arciere’: la ‘Medusa’, invece, collocata nel parco di Vanves, un sobborgo di Parigi, visse il destino atroce di tante sculture in bronzo durante la seconda guerra mondiale: fu fusa per ricavarne palle di cannone! Menziona le due sculture nel transatlantico Conte Biancamano mentre invece si tratta del Conte Grande, parla delle ninfe fluviali alla Mostra parigina delle Arti Decorative, mentre fluviali non sono affatto. Anche se la squallida sequenza di inesattezze ed errori non finisce qui, noi vogliamo terminare tale rassegna e non portare all’attenzione del lettore l’ultima osservazione scaturita dalla penna del compilatore della scheda, osservazione che può essere considerata la epitome qualitativa e scientifica del saggio su Amleto Cataldi: “molte delle sue opere anche monumentali, vennero rimosse, né è facile oggi rintracciarne la ubicazione”: una affermazione del genere equivale all’annientamento critico e promozionale di un artista, significa che quell’artista è indegno di essere offerto alla vista dello spettatore. E nel caso di Cataldi tale grossolana affermazione, lesiva e offensiva, è integralmente falsa e ingannevole poiché nessuna opera o monumento dell’artista ha subito tale sorte! O forse l’articolista alludeva al monumento ai caduti di Fossacesia (Chieti) andato distrutto dai bombardamenti? O al monumento agli ‘Studenti Caduti’ spostato nel 1920 dal cortile di S. Ivo alla Sapienza e messo a destinazione il medesimo anno alla presenza del Re d’Italia, del primo Ministro Salandra e del corpo accademico, negli spazi della  Università la Sapienza? O allude alla vicenda dei gruppi ginnici sopra descritti in cima allo Stadio Nazionale Fascista abbattuto nel 1957 e poi ricostruito e ampliato dall’Arch. Nervi, che furono rimossi  e dopo un interregno di due/tre anni nei depositi comunali, trovarono la loro sistemazione definitiva nel Villaggio Olimpico nel 1960, dove si levano maestosi e imponenti su possenti piedistalli? Che il critico in questione, in aggiunta, avesse una conoscenza primitiva e approssimata dell’opera di Cataldi -il che conferma la a dir poco sua inattendibilità sia tecnica sia ermeneutica già ricordata- è provato dalla costatazione che nel suo saggio non si citano le opere fino al 1910 tra le quali fondamentali ‘Il Figliuol Prodigo’, ‘L’ultimo gesto di Socrate’, ‘La figlia del Lavoro’, ‘Il Manovale’, ‘La Cieca’. Ma imperdonabile la ignoranza delle numerose danzatrici specie delle due magnifiche presentate alla Biennale veneziana del 1914 una delle quali ‘La Velata’presente al Museo Restivo di Palermo e quella eccezionale presentata sempre a Venezia nel 1920 già in collezione Pio Crespi a Dallas, Texas, oggi in collezione privata. Non cita la famosa ‘Maternità’ particolarmente cara all’artista e alla critica, il maestoso arciere oggi al Quirinale e quello analogo alla Banca d’Italia, le splendide sculture femminili presentate alle varie manifestazioni romane, quali la ‘Ragazza che si pettina’in bronzo e ‘La dormiente’ in marmo, per limitarci solamente alle più note. Menziona il ‘Monumento pubblico’ di Lanciano -un unicum eccezionale nell’ambito di tal tipo di opere pubbliche- senza fornire un minimo cenno alla sua qualità e peculiarità nonché storia esecutiva ma inaccettabile che ignori quell’altro capolavoro che è il ‘Monumento ai Caduti’ di Foggia e quell’altro pure importantissimo di San Severo. Tralasciando le altre numerose negligenze  e travisamenti, trovo di nuovo deplorevole e non scusabile che l’articolista abbia potuto ignorare la ‘Tomba Fraccacreta’ nel cimitero di San Severo di Foggia da considerare uno dei capolavori, se non il capolavoro, della scultura del Novecento europeo, come pure la ineguagliabile scultura in bronzo della ‘Vittoria alata’ pure ivi esposta. Come detto all’inizio la qualità e il valore del suo giudizio è direttamente proporzionale a quanto fin qui, che per altro non è tutto. Detta nota del Dizionario Biografico degli Italiani è la sola che viene sistematicamente ripetuta e citata ogni qualvolta la critica parla di Amleto Cataldi quindi il suo servizio è della peggiore qualità. Anzi ci si chiede quanti anni ancora dovranno passare -ne sono trascorsi già cinquanta circa!- prima che siffatta fonte di maldicenza e di superficialità venga neutralizzata e messa in condizione di non vieppiù avvelenare la figura di Amleto Cataldi. In effetti è ciò che normalmente avviene, essendo divenuta, come detto più sopra, la sola fonte di informazione scientifica sull’artista fino ad oggi per tutti gli studiosi che si occupano della scultura o dell’arte dell’otto-novecento. Superfluo aggiungere che la componente concettuale e critica informata e motivata  che comunque si incontra in detta scheda fonda massimamente sulle osservazioni e commenti di PIERO SCARPA di “Artisti contemporanei” del 1928 e prima ancora sui contributi apparsi durante trentanni sulla rivista EMPORIUM epperò in bibliografia di Piero Scarpa, curiosamente, si cita un cataloghetto in 24° del 1951 con una nota critica di una paginetta e non l’opera ragguardevole del 1928 e nessuna citazione di EMPORIUM, il solo sussidio critico dell’epoca di Cataldi!

Quanto sconforta in merito a tale stato di fatto concernente Amleto Cataldi è la costatazione che la Casa Editrice Treccani non ha mai preso posizione sulle note sia di informazione e sia anche di rimostranza rimesse, nel tempo, alla redazione, al comitato scientifico e al Presidente Gallo stesso: la richiesta era solamente quella intesa alla rimozione della scheda dal sito o magari apportarvi una nota di aggiornamento. Resta dunque ancora la pozione socratica, a disposizione di tutti!

Michele Santulli

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