Avevo un forte desiderio di visitare un carissimo parrocchiano all’ospedale di Formia. È sempre un’esperienza mettere piede nel Dono Svizzero e in qualsiasi altra struttura sanitaria. Passare in questi luoghi, e poi nel contesto della pandemia che ci angoscia da quasi 20 mesi, mi ha fatto rendere conto dell’imbecillità del mondo di fuori. Mi dispiace se non ci giro intorno e per chi si possa sentire offeso. Vada farsi un giro nelle corsie degli ospedali. Parlo soprattutto dell’imbecillità dei No Pandemia, No DPCM, No Lockdown, No Vax, No Green Pass, No qualsiasi altra cosa. Anche tale imbecillità, che non permette di poter lasciare le norme di sicurezza vigenti, costringe un parente che va a trovare un ricoverato ad avere appena una sola ora di visita al giorno. In verità, si tratta di un’ora divisa per gli ospiti della singola stanza. Quindi per noi sono stati 15 minuti divisi in 3 minuti per me e 12 minuti per la consorte del paziente.
Devo ammettere che così tanta prudenza è davvero lodevole. Ma, nel mio piccolo, senza volere insegnare ai dirigenti sanitari della Regione Lazio e della Asl come fare il loro mestiere, dico: Quanto può essere avvilente vedere un parente per così pochi minuti? Ce la si fa a fargli le carezze di cui c’è bisogno? A fargli fare almeno un sorriso? Ad asciugare una lacrima? A fargli la barba? A dargli un po’ di pulizia e, con questa, ridargli un pizzico di dignità? A fargli dire un Padre Nostro e un’Ave Maria? Vedo le persone in sala d’attesa. Hanno gli occhi e il cuore bramosi di usare questi 15 minuti preziosi. E prego Dio che passi quanto prima questa situazione che ci porta via il tempo di stare con le persone più care. E ci porta via la possibilità di una cura pienamente dignitosa.
(Periodico GAZZETTA DEGLI AURUNCI ottobre 2021)
