Perché la Federazione Russa ha invaso l’Ucraina?

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Crimea e Donbass:

Fino al 2014, la Crimea e la parte occupata del Donbass assieme costituivano almeno il 14 per cento del PIL ucraino. L’annessione, illegittima, da parte della Russia della Crimea aveva già portato a un importante risvolto energetico a favore della Russia.

L’Ucraina è stata privata della maggior parte dei suoi impianti di estrazione (18 giacimenti di gas nel Mar Nero, il costo approssimativo dei quali è stimato a oltre 50 miliardi di dollari, basandosi sui prezzi prima del 2014.

Nel 2012 l’Ucraina aveva progettato un consorzio (ExxonMobil – Esso, Royal Dutch Shell, la rumena OMV Petrom e l’ucraina Nadra Ukrainy) per lo sfruttamento del giacimento, tra i più grandi di Europa, di gas nel Mar Nero.

Nel 2013 l’Ucraina aveva chiuso un accordo con l’Italia – Eni e la francese EDF per le ricerche di petrolio e gas nel Mar Nero Occidentale. A causa del conflitto tutto ciò non ha raggiunto nessun obiettivo prefissato.

Il controllo del Mar Nero è in sostanza quindi un elemento centrale anche per il possesso dei giacimenti nelle relative acque e zone limitrofe.

L’etimologia del nome Donbass è: bacino del carbone del Donetsk. L’area è stata uno degli epicentri minerari del mondo, con centinaia di estrazioni attive e inattive, una catastrofe ecologica a rallentatore, in grado di contaminare acqua e suolo, sulla quale la guerra ha riacceso i riflettori e che rischia di avvelenare ancora di più.

Acciaieria Azovstal – Mariupol

Secondo l’ultimo report della Banca mondiale, in Donbass ci sono più di 900 siti industriali, 40 fabbriche metallurgiche, 177 siti chimici ad alto rischio, 113 siti che usano materiali radioattivi, 248 miniere, 1.230 chilometri di tubature che trasportano gas, petrolio e ammoniaca, 10 miliardi di tonnellate di rifiuti industriali. Una polveriera che gli otto anni di conflitto, e questa invasione russa, rischiano di far detonare.

In duecento anni di storia, nel Donbass sono stati estratti 15 miliardi di tonnellate di fonti fossili di energia, principalmente carbone. Per il Cremlino dunque il Donbass attira anche uno spiccato interesse economico, proprio perché è un territorio ricco di carbone. Avere il controllo di questa zona vorrebbe dire per Mosca sfruttare risorsa mineraria chiave per l’affermazione della potenza economica e militare russa.

All’inizio del 2013 la Royal Dutch Shell aveva firmato un accordo con l’Ucraina per trivellare (per 50 anni) nel giacimento di scisto (da cui possono essere prodotti idrocarburi liquidi) nel Donetsk.

Mentre sempre nel Novembre 2013 la compagnia Chevron aveva firmato un accordo (sempre per 50 anni) con Kiev per estrarre petrolio e gas naturale ad ovest nell’area di Olesska. Questi accordi avrebbero sicuramente ridotto le esigenze d’importazione dall’esterno (il piano dell’allora a governo Janukovyc prevedeva di porre fine a qualsiasi importazione di gas russo entro il 2020 e di cominciare a esportare le risorse energetiche dal 2020), però, a causa del primo conflitto del 2014, sia Shell che Chevron hanno interrotto ogni piano di estrazione.

I giacimenti ucraini di gas naturale e di shale gas sono potenzialmente molto rilevanti: i geologi stimano oltre 1,1 trilioni di metri cubi di riserve naturali. Solo nell’area del Donesk i giacimenti -stimati durante la firma dei contratti sopra citati- conterrebbero oltre 113 miliardi di metri cubi di gas. Una quantità solo di poco inferiore alle riserve totali dell’Algeria.

In pratica l’Ucraina detiene oggi le maggiori riserve di gas conosciute nel centro dell’Europa, solo inferiori alla Russia (che però le possiede nella sua parte asiatica) e poco inferiori alla Norvegia. Riserve in grande parte però non sfruttate anche per la necessità di grandi investimenti.

La ricchezza di materie prime dell’Ucraina

Escludendo le riserve di gas della Russia in Asia, l’Ucraina detiene oggi le seconde riserve di gas conosciute in Europa. Alla fine del 2019, le riserve ucraine conosciute ammontavano a 1,09 trilioni di metri cubi di gas naturale, seconde solo alle risorse conosciute della Norvegia di 1,53 trilioni di metri cubi. Tuttavia, queste enormi riserve di energia rimangono in gran parte non sfruttate. Inoltre, un’esplorazione più attiva potrebbe produrre giacimenti di gas ancora sconosciuti che esperti garantiscono esistenti, Federazione Russa “permettendo”.

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