Vaccini: salute o profitto?

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Vaccini: salute o profitto?

Quando ero più giovane, ho avuto la fortuna — insieme a mio fratello — di avere un nonno che dedicava tempo ai suoi nipoti. Spesso ci raccontava storie in forma di parabole, con l’intento di trasmetterci, a modo suo, insegnamenti di vita.

Purtroppo, da giovani non sempre si riesce a comprendere fino in fondo il valore di ciò che una persona più esperta cerca di insegnarci. A volte, come dice il vecchio adagio, “sbagliando s’impara”.

In questi giorni di preoccupazione per le influenze stagionali, il rischio di epidemie e l’atteggiamento spesso ambiguo di chi ci governa — in particolare nel Parlamento Europeo — riguardo alle vaccinazioni, mi è tornata alla mente una delle storie di mio nonno. Soprattutto ora che si parla con insistenza di virus “nati” in laboratorio, quella vecchia parabola sembra più attuale che mai.

Era la storia di un parroco e del suo muratore di fiducia, incaricato della manutenzione della chiesa.

“Un parroco diligente e ordinato aveva instaurato un solido rapporto di fiducia con un muratore molto stimato del paese. Ogni volta che serviva un intervento alla chiesa, si rivolgeva a lui. L’uomo era sempre disponibile e, col tempo, il legame tra i due si era consolidato.

Un giorno, mentre il muratore era a letto con la febbre, iniziò a piovere e l’acqua cominciò a filtrare dal tetto fino alla sacrestia. Il parroco, preoccupato per le previsioni che annunciavano giorni di pioggia, lo chiamò chiedendo un intervento urgente.

Il muratore, impossibilitato a muoversi, decise di mandare il figlio, che lavorava con lui da anni ed era ormai un bravo muratore a sua volta.

Il giovane trascorse l’intera giornata sul tetto e, al suo ritorno, raccontò al padre di aver sistemato non solo la tegola rotta, ma anche molte altre che erano spostate o lesionate.

Il padre, ascoltando il resoconto del figlio, si mostrò preoccupato: ‘Hai fatto un ottimo lavoro, ma così… non lavoreremo più per un bel po’!’”

La morale era semplice quanto pungente: per guadagnare non basta fare bene il proprio lavoro, ma bisogna anche saper creare nuove aspettative o bisogni.

Questa storiella mi fa riflettere sul mondo della sanità e, in particolare, sul business dei vaccini.

È noto che fino a qualche anno fa molte industrie farmaceutiche attraversavano un momento difficile in termini di fatturato. L’introduzione regolare dei vaccini stagionali contro l’influenza — sempre più aggressivi e sempre annunciati con largo anticipo rispetto alla comparsa del virus — è sembrata a molti una vera e propria ancora di salvezza economica. Poi, ciclicamente, arriva anche una pandemia…

Louis Pasteur

Attenzione: nessuno nega l’enorme utilità e l’efficacia storica dei vaccini. Come non ricordare Edward Jenner con il vaiolo, Louis Pasteur con il colera e la rabbia, Albert Sabin con la poliomielite? Vaccini che hanno salvato milioni di vite.

Ma oggi, con l’influenza che ogni anno sembra diventare più pericolosa, con l’arrivo puntuale dei vaccini già “tarati” sui ceppi futuri, con le incertezze emerse durante la pandemia su dosaggi, efficacia e durata delle immunizzazioni… qualche dubbio è lecito.

Non è forse il caso di chiederci se la tutela della salute pubblica — che resta sacrosanta — si stia talvolta intrecciando troppo con logiche di profitto?

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