Schliemann e Nicolucci: archeologia e antropologia a confronto

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HEINRICH SCHLIEMANN E GIUSTINIANO NICOLUCCI

Il primo scopritore della Troia di Omero, colui che dopo circa trenta secoli attirò l’attenzione del mondo della cultura occidentale sulla patria di Ettore e di Priamo: parliamo di Heinrich Schliemnn (1822-1890) tedesco del  Meclemburgo, Germania del Nord, uno degli uomini rari della umanità. Anche lui, dopo una fanciullezza difficile, già a 14 anni a lavoro e a guadagnare, allo stesso tempo la scuola, le letture, l’approfondimento  della lingua greca e di altre lingue e l’attenzione ai poemi omerici  trasmessagli dal padre, poi viaggi  in ogni parte del mondo,  perfino tra i cercatori d’oro in America dove  riuscì ad  imporsi e ad avere successo finanziario. Poi a Pietroburgo in Russia il matrimonio e quindi l’attività imprenditoriale che grazie ad un impegno indefesso, a una volontà sconfinata, riuscì nelle forniture di guerra allo Zar e in certe speculazioni ad arricchire smisuratamente e perciò a poter essere in  grado di realizzare le sue aspirazioni e sogni! Nel frattempo viaggiò in Francia, in Grecia, in Turchia, in Spagna, in Italia per maturare e approfondire i suoi desideri e ideali specie sull’archeologia: inutile aggiungere quanto la conoscenza delle lingue straniere fosse determinante per comprendersi e per comunicare e anche nell’apprendimento degli idiomi forestieri ne ammiriamo la congenialità e propensione di cui era stato fornito dalla fortuna! Invero una vitalità e laboriosità instancabili.

Heinrich Schliemann

E finalmente nel 1870 lo troviamo sulla collina di Hissalrik, in Turchia, l’antica Troade, già patria di Enea, che domina e controlla lo stretto dei Dardanelli, il mitologico Ellesponto, una collocazione strategica significativa e redditizia  del traffico marittimo tra Europa e Asia. Risolte le formalità amministrative, Schliemann iniziò gli scavi nel luogo, secondo lui, descritto da Omero, percorso dai fiumi Scamandro e Simoenta, una località all’epoca ormai completamente ignorata e dimenticata, che lui imbevuto e appassionato dei poemi di Omero da sempre, aveva invece ben presente nella sua fantasia. E così arruolati un centinaio di operai iniziò lo scavo alla ricerca della mitica  città di Priamo. E qui ci arrestiamo poiché l’epopea del personaggio è troppo significativa e poco lo spazio qui a disposizione per cui il lettore curioso  troverà nella rete quanto utile. A questo punto interessala relazione instaurata in particolare con lo scienziato  Giustiniano Nicolucci, fino ad oggi completamente sconosciuta e pertanto motivo di alto prestigio e onore e non solo per la Ciociaria. Naturalmente Schliemann appassionato profondamente di archeologia strinse  notevoli relazioni e rapporti con studiosi italiani e con musei e  nell’arco della sua esistenza numerosi sono i suoi soggiorni in Italia a partire dal 1858 fino al dicembre 1890 a Napoli dove la morte lo colse all’età di 68 anni per un morbo alle orecchie. L’arte etrusca e quella romana di Pompei ed Ercolano, come pure quella greca in Sicilia e quella ancora più antica di Sardegna fino al neolitico, erano gli ambiti coltivati ed approfonditi. Numerose le relazioni strette con i maggiori studiosi di archeologia dell’epoca a partire da Giuseppe Fiorelli direttore degli scavi pompeiani e da Luigi Pigorini antropologo et etnologo romano e con altri studiosi di Bologna, di Ferrara, ecc. Si può immaginare l’esistenza convulsa e frenetica del personaggio, senza contare gli altri suoi rapporti e la cura dei suoi affari e della famiglia: migliaia si contano le sue lettere, i diari, le note di viaggio e di scavi, saggi, articoli, perfino una autobiografia. Naturalmente gli intensi rapporti e scambi epistolari con gli studiosi avvenivano senza difficoltà grazie alla sua inappuntabile conoscenza scritta e parlata dell’Italiano che, si dice, era una delle ventidue lingue che questo eccezionale personaggio conosceva e padroneggiava! Un uomo fuori del comune! Per diversi anni sia a Napoli sia epistolarmente ebbe una ripetuta scientifica frequenza con  Giustiniano  Nicolucci (1819-1904) originario di Isola del Liri, già Terra di Lavoro, il quale a sua volta innovatore dell’antropologia di cui divenne docente, per primo, alla Università di Napoli e che fu anche fondatore del Museo di antropologia che porta il suo nome ancora oggi. Una frequentazione ricca e stimolante per entrambi durata parecchi anni che molte lettere e documenti registrano e documentano oltre agli incontri personali tra cui l’invito ad Arpino a visionare le mura ciclopiche della città e valutare il suo interesse a verificarne epoca e peculiarità in relazione con quelle analoghe di Micene e di Tirinto in Argolide, in Grecia, da lui anche approfonditamente studiate e soprattutto scavate. Schliemann donò a Nicolucci quasi duecento reperti soprattutto di utensileria in pietra scavati a Troia e ora in bella mostra nel museo antropologico Nicolucci alla Università di Napoli. Parlò a Giustiniano anche del cosiddetto tesoro di Priamo da lui scoperto negli scavi di Troia e di Micenee della trattativa di vendita, sfumata, con lo Stato Italiano.

Giustiniano Nicolucci

Questo è il prologo di una pagina di storia, anzi di una miniera, aperta a tutti coloro, studiosi e istituzioni, che ritengono di possedere i mezzi scientifici oltre all’interesse specifico, per mettere a frutto e valorizzare, la ricca e affascinante simbiosi Schliemann-Nicolucci.  

Michele Santulli

(Immagine in alto: Micene, la porta dei Leoni)

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