Itri: dedichiamo una piazza al pontefice Urbano VI

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Pochi sanno che Urbano VI, il papa del “Grande Scisma d’Occidente”, è nativo di Itri. Lo sostengono gli storici Filippo Villani, Pietro Giannone, Teodorico da Niem, il conciliarista tedesco che fu il segretario dello stesso Urbano VI, Bruto Amante, Pietro Pompilio Rodota, O. Rinaldi.

Itri ha sempre ignorato Bartolomeo Prignano (questo era il suo nome secolare) lasciandosi scappare una grossa occasione per onorarlo. Mai nel caratteristico centro aurunco la sua figura è stata ricordata con alcuna celebrazione in forma pubblica o privata, che, oltre a far conoscere un periodo suggestivo ed emozionante, avrebbe potuto rappresentare per la cittadina collinare un richiamo turistico e culturale di notevole importanza. 

Il Prignano ricopriva la dignità vescovile a Bari, quando l’8 aprile del 1378 venne eletto pontefice. Egli, vicecancelliere della Chiesa, fu scelto perché era estraneo al Sacro Collegio e perché era suddito degli Angioini. Quindi poteva essere accetto sia ai Francesi che agli Italiani. Urbano VI fu consacrato pontefice dieci giorni dopo. Ben presto il papa si alienò le simpatie dei cardinali per la sua vita morigerata e per il suo rigore contro gli abusi del clero. Inoltre il Prignano dichiarò con fermezza guerra alla simonìa, volendo riformare la Chiesa. Egli, pio e di condotta irreprensibile, intendeva cominciare la trasformazione di essa proprio dai cardinali, i cui costumi erano molto rilassati e che sfoggiavano lussuosi vestiti e sfarzosi equipaggiamenti. Tutto ciò indusse i porporati transalpini, aizzati dal vescovo di Amiens, Giovanni de la Grange, a ribellarsi all’autorità papale, contestando la validità dell’elezione e sostenendo che essa era avvenuta sotto l’incubo del popolo romano in tumulto. Il 20 settembre del 1378 i prelati ribelli, ottenuta la protezione della regina di Napoli, Giovanna I, e del potente conte Onorato I Caetani, acerrimo nemico del Prignano, indissero un nuovo conclave eleggendo a pontefice, nella chiesa di San Pietro di Fondi, Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII, di cattiva fama, a motivo della sua spietata crudeltà, con la quale egli, come Legato, aveva sgominata la rivolta di Cesena.

Dunque due pontefici e due curie, per cui, nel mondo cattolico, si generò una confusione, con Stati che aderirono per l’una o per l’altra fazione: a favore di Urbano VI si schierarono il Portogallo, l’Inghilterra, le Fiandre, l’Ungheria, la Germania e la maggior parte degli Stati italiani; per Clemente VII, la Francia, la Savoia, il Regno di Napoli, la Scozia, i regni di Castiglia, d’Aragona e di Navarra. Ne scaturì uno scisma, che inferse un durissimo colpo all’unità della Chiesa. Lo scisma penetrava perfino all’interno degli Ordini religiosi, particolarmente tra i Francescani e i Domenicani. I due papi guerreggiarono tra di loro e si scomunicarono reciprocamente. Alla fine, le milizie del legittimo pontefice, sotto il comando di Alberico da Barbiano, sconfissero gli scismatici: dapprima presso Carpineto, poi a Marino, consegnando, in maniera definitiva, Roma nelle mani di Urbano VI. Clemente VII, visto dileguarsi le schiere dei suoi sostenitori, si rifugiò a Fondi, ma, non sentendosi più sicuro in Italia, fece ritorno ad Avignone. Onorato I Caetani, nonostante le due sconfitte patite dalle truppe bretoni, restava saldamente nel possesso di ogni feudo ed incontrastato dominatore di Campagna e Marittima. Due illustri personaggi della Cristianità presero una posizione antitetica: Santa Caterina da Siena sostenne con risolutezza Urbano VI, bollando con parole di fuoco la condotta dei cardinali “ultramontani”, non esitando perfino ad additarli come diavoli in sembianze umane. In opposizione, stava Vincenzo Ferreri, domenicano spagnolo, uno dei più famosi predicatori del Medioevo, salito agli onori degli altari, grazie a Pio II. Egli, nelle prediche e nel “Tractatus de Ecclesiae schismate”, sostenne la legittimità di Clemente VII, alla quale dichiarò perfino necessario credere per la salvezza dell’anima. Urbano VI, per venire incontro ai Romani, con la bolla “Salvator noster” dell’8 aprile 1389 ridusse il termine del giubileo a 33 anni, in ricordo della durata della vita terrena di Gesù Cristo, stabilendo l’anno 1390 come anno giubilare.

Un’altra innovazione fu l’aver designata Santa Maria Maggiore come chiesa giubilare. Inoltre l’itrano estese alla Chiesa universale la festa della visitazione di Maria (2 luglio), che nell’Ordine dei Francescani veniva festeggiata sin dal tempo di San Bonaventura. Infine è da menzionare che egli concesse le lettere di fondazione alle Università di Colonia e di Erfurt, istituite dai comuni di quelle città, e concesse loro dei privilegi. Anche l’Università di Heidelberg, fondata dal principe elettore Ruperto I (1385), venne da Urbano VI convalidata ed arricchita di privilegi.

Alfredo Saccoccio

(n.d.r. Urbano VI, nato Bartolomeo Prignano (Itri, 1318 circa – Roma, 15 ottobre 1389), è stato il 202º papa della Chiesa cattolica dal 1378 alla morte, primo italiano dopo il periodo della cattività avignonese.)

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